Pagine

domenica 25 aprile 2010

Imparare ad imparare

È da quando è uscito che volevo tradurre questo aticolo di Thomas originariamente postato sul suo blog e poi su Parkour generation, ma mi ci voleva un po’ di tempo. Credo di aver fatto un buon lavoro.

È molto importante, a mio avviso, questo discorso e si ricollega all’articolo di Axel riassunto nel post precedente. Pur mantenendo intatta la nostra voglia di raggiungere un obiettivo, che a volte ha la forma umana di un atleta che vorremmo eguagliare in abilità e altre volte è semplicemente un’immagine artefatta e pompata di un sé futuro (voglia che costituendo in parte il nostro obiettivo ci aiuta ad impegnarci nell’allenamento, immagini che ci sostengono quando le parole e i concetti mancano e che spesso ci fanno capire che sono possibili cose che non credevamo possibili), nonostante questo dobbiamo riuscire a distaccarci da percorsi prefigurati, preimpostati, riuscire a capire che quello che facciamo lo facciamo per noi soli, e che ciò che decidiamo di espandere, sviluppare, delle nostre abilità è una scelta profondamente personale. Non deve essere legata al nome di una disciplina e al catalogo di trick che la definiscono. A maggior ragione per il fatto che il Parkour, più di ogni altra attività sportiva o marziale, non deve essere descritta tramite i movimenti tipici che lo contraddistinguono, quanto da una superiore volontà di crescità spirituale e fisica insieme. Questa è la mia idea di Parkour: non il percorso più breve da un punto A a un punto B, quanto un lungo viaggio dentro sé stessi, che per la sua stessa natura di esplorazione nelle profondità dell’animo, non può che essere infinito. Come sempre Follow your flow.


Imparare ad imparare, cosa significa? Quando una nuova attività o disciplina cattura la nostra attenzione al punto che decidiamo di impegnare un’ingente quantità del nostro tempo per praticarla, invece di concentrarsi interamente sul contenuto ci poniamo abbastanza domande sull’apprendimento di essa (cioè il processo dell’assorbimento e del rendere proprie nuove abilità e conoscenze)? E se l’apprendimento non fosse solo questione di tempo e impegno, ma piuttosto un problema di chiarezza e concetto? Se l’apprendimento fosse esso stesso un’abilità? Non ci sarebbe allora un modo di ottimizzare ogni grammo dell’impegno che mettiamo nell’acquisizione di una nuova tecnica, e pertanto raggiungere i risultati più velocemente e senza impegno extra?

In ogni disciplina o attività, ci sono sempre quelli che si allenano duramente per anni solo per raggiungere risultati mediocri, e quelli che paiono sorvolare ogni difficoltà sulla loro strada, si tratta di predisposizione naturale o solo di un tipo differente di percezione che è possibile sbloccare?

Questo è un tentativo di esplorare questi temi…

Essere nel momento: equilibrio del “qui, adesso”*
Il filosofo Blaise Pascal una volta scrisse: “Che ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà tutti occupati dal passato e dal futuro. Non pensiamo quasi mai al presente; e, se ci pensiamo, è solo per acquistar chiarezza su come disporre l’avvenire”**.

Viviamo nel presente, è il nostro unico campo d’azione, il solo in cui possiamo collegare interamente corpo, mente e ambiente per creare un senso di pura consapevolezza; ma quanto spesso lo facciamo realmente? Ciò che ha scritto Pascal non è mai stato così vero: la maggior parte di noi è cresciuta, ed è ancora, immersa in un mondo di distrazioni: televisione, cellulari, pubblicità, lavoro, attività sociali, internet, giochi… la lista è infinita.

Dalla nascita ci abituiamo ad essere costantemente distratti, per la maggior parte di noi è una cosa normale che accettiamo e che approviamo completamente, consideriamo fuori luogo i nostri rari momenti di noia e ci sforziamo di riempirli con attività più impegnative per la mente.

Come si lega questo all’apprendimento? Avevo uno studente che era molto lento ad imparare e aveva accettato questo fatto come parte della sua natura: faceva lo stesso sbaglio molte volte prima di imparare la lezione, spesso solo per ricadere nuovamente negli stessi errori. Non sapevo proprio come aiutarlo finché ho realizzato qualcosa di essenziale: anche quando si allenava la sua mente era costantemente persa nei suoi pensieri, assorbita nel passato e nel futuro, scivolando lentamente fuori dall’equilibrio del “qui, adesso”.

Ho capito che l’apprendimento di ognuno è chiaramente reso migliore dall’essere in costante connessione con le sensazioni del presente.

Le sensazioni sono un feedback, ci dicono se quello che facciamo è giusto o sbagliato, ci mostrano cosa dovremmo migliorare e in che modo farlo, a patto che prestiamo attenzione ad esse. La mera ripetizione è inutile se non si presta attenzione costante a ciò che si sta facendo, ma solo al fatto che lo si fa. Impara in tempo reale, sii sveglio e consapevole, senti e analizza ciò che stai facendo. Provare di nuovo non significa fare di nuovo; ogni tentativo è una nuova opportunità di fare meglio, basata sull’esperienza dei tentativi precedenti.

Quindi evita ogni tipo di distrazione quando ti stai allenando, lascia che la tua intera persona sia rivolta verso ciò che stai facendo e tutte le tue energie, le tue qualità, tutto ciò di cui sei fatto cessi di essere disperso e sprecato, ma invece lavori per te verso un chiaro obiettivo che hai scelto, come un intero esercito che marci all’unisono verso un unico bersaglio.

Ho dedicato del tempo a spiegare queste cose allo studente, lasciandogli tempo per assorbire, e da allora ha fatto progressi pazzeschi e adesso è uno dei più veloci ad imparare, come non avrei mai potuto pensare!

Critica costruttiva: la visione positiva
Collezionare feedback e integrarli continuamente in ciò che si fa è uno degli elementi più importanti dell’imparare ad imparare, ma farlo con assoluta positività è la chiave per creare l’alchimia. Quando si prova e si sbaglia, si riprova più duramente, ma se si fallisce di nuovo si tende spesso ad agitarsi e irritarsi, e le nostre emozioni ci conquistano e corrompono lo stato mentale dell’apprendimento positivo in cui eravamo. È poi molto semplice cadere nella critica negativa e iniziare a farsi domande sbagliate, come “perché sono così negato?”, o anche “perché non ne faccio una giusta?”.
La mente, in questi casi, lavora in modo decisamente stupido, come se cercasse una risposta diretta alle domande; per esempio: “non sei bravo in questo perché non fa per te”, o “non puoi farne una giusta perché non sei fatto per questo”. Le risposte che ci offre sono spesso trasferite al livello inconscio e, anche se involontariamente, induciamo noi stessi al fallimento.

Quindi, bisogna farsi le domande giuste se si vogliono trovare le risposte giuste: “Come posso migliorare in questo?”, “Come posso evitare questi errori?”, “Cosa mi trattiene dal completo controllo?”.

Condiziona la tua mente alla positività e otterrai risultati positivi. La visione positiva è quella che può tratteggiare un chiaro obiettivo e un elenco di modi per raggiungerlo, indifferenti a ciò che ci ostacola. E ogni resistenza al tuo progresso, invece di essere una fonte di frustrazione, diventerà la chiamata per un nuovo traguardo, una possibilità per l’esplorazione di sé stessi.
Non avrai bisogno di ignorare la tua frustrazione, non ci sarà più, trasformata in una nuova eccitante sensazione di sfida!

Allenarsi, per quanto intenso possa diventare, non è che un gioco, quindi non prenderlo troppo seriamente, anche se ti ci dedichi ogni giorno per ore, rilassati, la tensione interna causerà rigidità esterna, lasciala fluire dentro e scorrerà fuori. La luminosità è la chiave.

Scoprire piuttosto che costruire: il concetto del fiore che sboccia
“Quando i miei studenti ed io pensiamo alle battute come cose da scoprire piuttosto che costruire, pare che imparino più in fretta e senza frustrazione.”
Timothy Gallwey, The Inner Game of Tennis
Qui semplicemente parafraserò questo grande libro.

Come spiegato prima, una parte importante del processo di apprendimento è collegata direttamente a come visualizziamo le cose. Costruire abilità implica che ci sei tu + tutto ciò che hai imparato. Come abiti indossati sopra altri abiti, le tue abilità non sono connesse a ciò che sei, sono meramente aggiunte a te in una maniera del tutto impersonale. Il progresso, in questo stato mentale, appare senza fine e, peggio, deteriorabile…

Adesso, parliamo di fiori… i fiori non crescono, fioriscono: dall’istante in cui esistono come minuscoli semi, sono già il fiore futuro in cui si trasformeranno, proprio come un bambino appena nato è già l’essenza del futuro adulto che diverrà.

Costantemente si esprimono come fiori e giorno per giorno, istante dopo istante, diventano un poco più simili a come saranno da sbocciati, ciò che erano all’inizio è adesso pienamente espresso ed essi sono totalmente sé stessi.

Se visualizzi tutte le tue abilità come presenti in te dall’inizio, in standby, in attesa di essere scoperte e rilasciate, terrai in pugno molta di quella pressione che gli atleti affrontano durante l’allenamento intenso, perché vuol dire che stai semplicemente imparando ad esprimere te stesso, e non più azzerando il tuo vero io. Lo si potrebbe quasi chiamare un processo di illuminazione. In questo caso, niente viene davvero imparato, tutto è semplicemente rivelato e quindi è una parte indissociabile di te.

Il progresso non è l’addizione di porzioni di conoscenza e abilità come i pezzi dei Lego impilati uno sull’altro, è solo l’eliminazione di ciò che ti sta trattenendo dall’esprimere il tuo vero io.

Conclusione: espandere l’orizzonte
Lungo questo articolo non ho mai menzionato il Parkour: la ragione è che “imparare ad imparare”, una volta acquisito, è un’abilità che trascende ogni attività al quale può essere applicato. Una volta appreso lo si può usare ugualmente in ogni campo.

È un dato di fatto, per esplorare una singola disciplina è necessario allargarsi continuamente in altri campi, in quanto nessuna conoscenza è mai completamente isolata.

Un samurai una volta scrisse riguardo la sua arte: “La pratica non può essere confinata all’uso della spada, se ci si limita a questo non si raggiungerà mai la conoscenza nell’uso della spada”. Lo stesso guerriero aggiunse: “Ho applicato le lezioni della mia arte a tutte le altre discipline in cui mi sono imbattuto, quindi in ogni disciplina sono il personale maestro”. La strada che porta a dominare una disciplina porterà al controllo sulle altre; seguirne una è vicino a seguirle tutte, più che la mera disciplina impariamo a esplorare e conoscere attraverso la pratica. La disciplina stessa non è mai la fine, ma il mezzo verso un più nobile, significativo e perenne fine: il nostro io sbocciato.

*Letteralmente right here right now vuol dire proprio qui, proprio adesso (è anche il titolo della famosa canzone di Fatboy Slim), simile all’hic et nunc latino.


**Cit. da Google Libri

Nessun commento:

Ultimi commenti